Esperienze di dialogo
Incontro Pubblico
Sintesi dell’incontro pubblico “Religione, Laicità, Democrazia. Quale mondo comune?”
tenutosi Sabato 6 dicembre 2008, a conclusione del seminario “La laicità nella storia”
Relatori
Maria Luisa Boccia – filosofa della politica, Università di Siena
Luigi Pedrazzi – Saggista, politologo, fondatore de Il Mulino, Bologna
In collaborazione con:
Comitato Amicizia Ravenna-Camaldoli
Associazione culturale don Giovanni Buzzoni
Biblioteca Zucchini-Faenza
Congregazione Serve di Maria-Istituto Ghiselli
Assessorato alle Politiche Formative della Provincia di Ravenna
Sintesi a cura di
Mirella Pescetti
Introduzione: breve relazione sul seminario “La laicità nella storia”
Quest’anno il tradizionale incontro pubblico “Esperienze di dialogo” è stato preceduto da un seminario a iscrizione di 5 mezze giornate sul tema “La laicità nella storia”. In questo modo gli iscritti hanno avuto a disposizione più tempo per discutere e approfondire i temi affrontati.
L’obiettivo del seminario è stato quello di rileggere la storia cercando di rintracciare l’origine e lo sviluppo della laicità, per riproporci oggi, con la nostra esperienza e le nostre conoscenze attuali, quegli stessi interrogativi e ripercorrere dialetticamente quelle strade del pensiero che hanno portato al pensiero laico moderno.
La prima sessione ha riguardato la storia dello sviluppo del pensiero laico come tensione all’autonomia dei vari ambiti delle attività umane: dalla sostanziale unità del mondo medioevale alla rinascimentale separazione della nuova scienza della natura dalla teologia; dal recupero del pensiero “laico” di alcuni filosofi dell’antica Grecia all’illuminismo settecentesco, alle “sconvolgenti” novità portate da Darwin e Freud.
Nella seconda sessione si è sviluppata la storia della laicità nel pensiero religioso, tenendo conto che non è “l’essere o il non essere credente in un dio” che determina l’avere o no un pensiero laico. È presente anche nelle pagine della Bibbia e dei Vangeli una “laicità” che è riconoscimento dell’autonomia della sfera umana rispetto a Dio e al religioso (il “date a Cesare quel che è di Cesare”). Questo aspetto si sviluppa più fortemente durante la Riforma e successivamente costituisce le basi etiche, sociali, civili della rivoluzione americana e di quella francese, le stesse che saranno fondamento dello stato democratico moderno. Il ‘900 inizia con lo scontro, tutto in ambito cattolico, fra la gerarchia ed il movimento modernista, scontro che si è in parte ricomposto (ma non del tutto!) con il Concilio Vaticano II.
Tutti i partecipanti al seminario sono stati attivamente coinvolti in dibattiti più profondi, più sentiti del solito e hanno valutato molto positivamente gli interventi sia dei relatori “interni”, che avevano il compito di offrire degli “spunti di riflessione”, sia dei due relatori “esterni”, Maria Luisa Boccia e Luigi Pedrazzi, che hanno partecipato all’ultima mattinata di lavoro e all’incontro pubblico del pomeriggio di sabato 6 dicembre Ed è proprio nelle considerazioni filosofiche, religiose e politiche più profonde sull’essere uomo che la pratica della laicità cambia radicalmente il modo di confrontarsi fra persone di diversa formazione e convincimenti. Il seminario non si è limitato ad approfondire i temi dello sviluppo storico della laicità, ma ha consentito ai partecipanti di vivere un’esperienza autentica di dialogo e anche di “laicità convissuta”. L’esigenza condivisa dei partecipanti è quella di continuare anche il prossimo anno l’esperienza del seminario.
Sessione pubblica
Introduzione di Enzo Morgagni (moderatore) – Sociologo – Università di Bologna
-il valore universale della laicità come critica e liberazione da ogni forma vecchia e nuova di idolatria
-la fine dell’alleanza tra religione e potere(il modello della “Cristianità”) e i differenti percorsi della laicità e del rapporto religione-etica-politica-istituzioni nell’esperienza della rivoluzione americana e in quella della rivoluzione francese;
-la crisi etica della laicità moderna di fronte al nuovo scenario dell’egemonia del mercato e della tecnica;
-il riproporsi nel nostro paese del problema della laicità nel rapporto tra religione-politica-istituzioni democratiche con la rimessa in discussione del primato della coscienza e dell’autonomia politica dei credenti.
Intervento di Maria Luisa Boccia – Filosofa della politica – Università di Siena
C’è difficoltà nelle parole per sottrarle ad un significato ovvio e pure all’eccesso di significati che si sono accumulati su di esse. E’ il problema che sento nei confronti di parole come – Religione – Democrazia – ma soprattutto per la parola –Laicità – del titolo dell’incontro. Non c’è contrapposizione fra laico e religioso, ma tutti siamo laici perché la laicità è lo spazio della pubblica convivenza. “Laico” non contraddistingue chi non ha una fede, religiosa o di altro genere: io sono laica ma ho le mie “appassionate credenze”, anche se sono atea. “Laico” non nega lo spazio religioso. Nessuno può imporre per legge i propri covincimenti a nessun altro. Laico è chi distingue fra peccato e delitto, fra morale e diritto. C’è chi intende “laico” come un non credente che pretende di sminuire i valori morali del cattolicesimo, e presenta la Chiesa come vittima, per giustificare le sue fin troppe ingerenze nella sfera politica. La gerarchia cattolica italiana interpreta la libertà di coscienza del politico cattolico come il suo diritto ad aderire a ciò che la gerarchia propone, mentre stigmatizza quello che non segue la gerarchia ma la propria coscienza. C’è chi parla di nuova alleanza fra fede – ragione – potere, per cui le chiese dovrebbero produrre le norme morali che possano uniformare le coscienze in un costituirsi di una identità collettiva (occidentale) da sostenere e difendere, ora che ci si confronta con altre identità. In questo modo si attribuirebbe alla Chiesa un compito di sostegno etico alla nostra società in frantumi, per rispondere a un bisogno di certezza. Questo diventerebbe un governo dei corpi oltre che delle anime, le vite verrebbero ad essere disciplinate. Il problema diventerebbe: quale potere, quale autorità morale, quale principio dovrebbe disciplinare la vita fino all’esclusione della libertà e dell’autonomia dei singoli?
In tale contesto la Chiesa cattolica fa appello più alla “legge naturale” che ai testi biblici, fa appello al Creatore, inteso come autore della “legge naturale”. Su questo inderogabile diritto-ordine naturale, che precede il legislatore e che la legge non può modificare, la Chiesa fonda le decisioni che la politica deve prendere per la città terrena.
E’ una sfida che riguarda non solo le norme, ma anche il fondamento della democrazia e i principi costituzionali, che corrono il rischio di una loro revisione. Stefano Rodotà parla di consapevole progetto di cambiamento della Costituzione.
Nella problematica della nascita c’è una convergenza fra la Chiesa e la scienza sul fatto che l’essere umano è soprattutto biologia. Anche la medicina che si affida alla tecnologia si basa sullo stesso principio che l’uomo è biologia. Paradossalmente, le evidenze “teologiche” si fanno “scientifiche”. Se la legge è naturale deve valere per tutti e fra verità teologica e verità scientifica non c’è distinzione. Questo è un rovesciamento rispetto al giusnaturalismo, per il quale i principi non vengono dall’alto, ma derivano da pratiche di autodeterminazione, non sono scissi dai soggetti.
Oggi non è possibile avere una concezione “neutra” dei valori, come ha mostrato il movimento femminista nella ricerca di una libertà femminile che è anche libertà del corpo.
Oggi il mondo è plurale e si sente la parzialità delle concezioni.
Ci sono due vie per ottenere un mondo plurale:
1- tolleranza, dialogo, differenza fra spazio privato e spazio pubblico, separazione fra etica e politica; questa via non è sufficiente e comporta una maggior solitudine (Hannah Arendt parla di “una società di estranei”) Questa condizione (oltre a non dare spazio alla differenza tra maschile e femminile) favorisce l’affidarsi ad una autorità che dà risposte securizzanti dall’alto.
2- dare spazio alla relazione asimmetrica, come la relazione genitore-figlio o la relazione maschio-femmina, ecc… C’è chi è più competente e chi meno. Le istituzioni devono lasciare spazio a queste relazioni asimmetriche con il riconoscimento di gradi di competenza diversi, ma mai cristallizzati in gerarchie fisse. Credo che una sfera pubblica che faccia posto alle competenze possa dare una convivenza migliore. È importante dare spazio alla produzione di competenza simbolica, e quindi a un pensiero che trascenda i codici istituzionali.
Intervento di Luigi Pedrazzi – Saggista e Politico – Fondatore de “Il Mulino” – Bologna
Sarebbe utile lo spazio pubblico auspicato dalla professoressa Boccia nell’ultimo punto, ma siamo molto lontani da uno spazio pubblico dove tutti possono portare un contributo per tutti.
Il pensare è importante, lo studiare ed l’elaborare individuale arricchisce tutti. Il pensiero è libero e deve essere riconosciuto tale: è un dovere, ma poiché l’uomo è libero, questo dovere può essere violato. Bisogna perciò garantirsi che siano incoraggiate le libertà e scoraggiate le distorsioni.
La Chiesa cattolica ha attentato al pensiero libero più di una volta. Ma dove si fa “dottrina” è scritto che l’atto di fede deve essere libero, ciò è sempre stato sostenuto. Allora tutti gli altri atti umani, che sono meno importanti, devono essere liberi per avere valore, dall’atto di matrimonio alla scelta politica. Invito tutta l’opinione pubblica, credenti e non, a dire che tali atti secondari devono essere liberi.
Le decisioni umane presuppongono sempre questa libertà. Questo devono capirlo i vescovi e i cardinali, che non possono comandare né alle coscienze né ai parlamentari. I vescovi comandano perché trovano degli obbedienti. Ma se la gente non è d’accordo le cose non vanno così. Certo disobbedire comporta rischi, ma lo si deve fare se non si è d’accordo. La Chiesa può guidare una resistenza solo perché trova dei resistenti, non può imporre di fare la resistenza.
La Costituzione dice che il voto è libero, devo spiegare perché faccio la scelta, ma poi la faccio liberamente. Allora non vedo pericolo nella mia Costituzione né nella mia Chiesa. Il pericolo sono i vigliacchi. Il vero problema sono i tanti cattolici “irreligiosi”; chi è religioso non lo dice, lo fa vedere!
Anche nella Bibbia i potenti sono attaccati dai profeti e da Gesù. Si deve riprendere l’abitudine dantesca di fustigare i potenti nella chiesa e nello Stato.
La religione quindi non fa paura, neanche quella non cristiana. La laicità non fa paura perché ognuno vi reca il meglio che può, magari porta cose poco importanti, ma se ne può discutere migliorando le cose.
Invece vedo il problema per la democrazia, questa sì deve sempre migliorare, tutti assieme, così si è meno soli e più contenti, con una grande alleanza fra identità diverse.